In questo lungo periodo di quarantena sembra che il lago abbia fatto un lungo viaggio a ritroso nella macchina del tempo. Sono sparite le sagome e le scie dei battelli della navigazione, dei motoscafi, delle barche a vela, delle lance di pescatori, delle canoe, delle moto d’acqua, degli skiff dei canottieri. Non siamo abituati a vedere l’acqua nella sua veste primitiva e restiamo stupiti. Noi pescatori, a dirla tutta, siamo più interessati a quello che succede sotto la superficie. Per noi, in un lago senza l’uomo ci devono essere i pesci che c’erano prima del suo arrivo . Niente lavarelli, quindi, ma una distesa infinita di alborelle e di agoni. C’erano le grandi trote lacustri, pesci di quindici, venti chili di peso, al cospetto dei quali le trote dei nostri giorni sono come i pesci rossi dell’acquario. Niente siluri, ovviamente, niente gardon, ma anche niente lucioperca. Placide tinche ed enormi carpe pinneggiavano incuranti di tutto. Onnipresenti cavedani di ogni taglia. Infine, regale e maestosa, compariva la sagoma di uno storione beluga di dieci quintali, danno vita alla leggenda del Lariosauro.

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